Una domenica vissuta in modo diverso e più intenso ha visto la comunità di Castel d’Asso partecipare questo 1° maggio all’Eucarestia, insieme con i fratelli nella fede ucraini nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, al centro di Viterbo.
La Messa, presieduta da don Andriy Maksymòvych, parroco della comunità greco-cattolica ucraina di rito bizantino e concelebrata da don Gianni Carparelli, ha voluto essere segno e momento principale di vicinanza e fraternità spirituale (dopo quella materiale di raccolta di aiuti) per la comunità ucraina, così gravemente provata dai terribili combattimenti attuali. Per l’occasione, i fedeli avevano a disposizione dei libretti bilingue, per meglio seguire le preghiere ed i canti ucraini, aiutati anche dalle indicazioni del parroco e di don Gianni.
Don Andriy nella sua omelia, in italiano, ha ricordato le parole di Papa Francesco che raccomandava ai presbiteri di non prendere decisioni, senza aver consultato una qualche persona di genere femminile capace di generare, intendendo col “generare” non tanto la funzione biologica quanto l’attitudine caratteriale e spirituale della donna. Questo richiamo era in linea con il Vangelo del giorno, che nel rito della sacra liturgia di San Crisostomo, in questa domenica dopo la Pasqua, presenta l’episodio che vede le donne recarsi al sepolcro (oramai vuoto) portando gli aromi per ungere ed abbracciare il corpo del Signore (Mc, 16. 1-8): è la domenica delle “Mirofore” (letteralmente “portatrici di profumi” in lingua greca antica), è una festa che esalta la figura della donna.
A conclusione della Divina Liturgia don Andriy ha ribadito il suo apprezzamento per l’iniziativa di fraternità dei fedeli di Castel d’Asso e ha dato la parola a don Gianni per un affettuoso saluto.

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.