L‘accelerazione ormai pluridecennale di politiche appiattite su modelli di produzione e di consumo dissennati, causa prima sia delle immani discriminazioni tra popoli e persone, sia della compromissione ambientale del pianeta, gli strumenti possibili per invertire questa tendenza prima che si arrivi a un purtroppo vicino punto di non ritorno, il magistero in merito della Chiesa, con particolare concentrazione sulle encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti di Papa Francesco, sono stati trattati nell’incontro dal significativo titolo “L’agenda ambientale interroga la politica. Una nuova visione politica secondo l’enciclica Laudato si’?”, del 24 ottobre all’Istituto Universitario Progetto Uomo di Montefiascone.
L’incontro, strutturato come seminario di formazione per i giornalisti, è stato organizzato dalla sezione italiana di Greenaccord, l’associazione culturale, d’ispirazione cristiana e senza fini di lucro, nata nel 2003 per stimolare l’impegno di tutti gli uomini e le donne di qualsiasi credo e confessione religiosa, sul tema della salvaguardia della natura, e dall’associazione Rocca dei Papi per un’ecologia integrale, costituita lo scorso anno proprio a Montefiascone come progetto di valorizzazione del territorio della Tuscia e di sensibilizzazione appunto sui temi dell’ecologia integrale.
A introdurre l’incontro è stato monsignore Fabio Fabene, sottosegretario del sinodo dei vescovi, che dell’associazione di Montefiascone è presidente, osservando che sui temi della Laudato si’, Papa Francesco torna nella Fratelli tutti con particolare attenzione alla necessità e agli strumenti della buona politica alla quale è dedicato il quinto capitolo dell’enciclica. Secondo Fabene, in questo è cruciale il compito della comunicazione e segnatamente del giornalismo, come tramite per destare l’attenzione sull’ambiente e aiutare il cambiamento culturale delle idee per mettere in primo piano il tema della sostenibilità, del bene comune.
I lavori, moderati da Mario Morcellini professore ordinario di Sociologia all’università La Sapienza di Roma, dove dirige Coris, il dipartimento di comunicazione e ricerca sociale, sono incominciati con una relazione di Marco Tarquini, direttore di Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale. Secondo Tarquini, le due encicliche disegnano una nuova visione del mondo all’insegna delle relazioni e tracciano un nuovo capitolo del legame tra storia politica e sociale e magistero pontificio, come si è delineato da san Paolo VI in poi.
Di questo percorso, che lega la politica alle encicliche il relatore ha individuato tre pilastri: l’ambiente, lo sviluppo equo (la proprietà privata non è un bene sociale, ma è secondario alla funzione sociale, prendendo ad esempio gli eserciti privati delle multinazionali che si combattono in Congo sulla pelle degli africani), e il prendersi cura. Anche nella presente crisi sanitaria le macchine non servono se non c’è il personale che le fa funzionare, che se ne prende cura. Ha inoltre ricordato che, a rendere la vita accettabile, non sono certo i soli beni economici. L’individualismo, che pone una barriera intorno a sé, trasforma l’individuo nel nemico e favorisce la politica degli scarti: gli individui che non servono più (come gli anziani) o quelli che non servono ancora (come i non nati).
Contro il populismo ha ricordato il pensiero di don Sturzo e la necessità di una comunità identitaria per sapere chi si è. Per concludere ha ricordato che il nome “fratelli” richiama una delle parole chiave della rivoluzione francese e del tempo moderno dove le altre due, uguaglianza e libertà, senza la fraternità possono trasformarsi in realtà politiche disastrose.
Il seminario è continuato con l’intervento di Stefano Masini, responsabile ambiente della coldiretti che ha fatto una panoramica dell’agricoltura sensibile all’ambiente rimarcando il primato dell’Italia in questo settore.
Marco Gisotti, giornalista divulgatore ha illustrato le soluzioni ambientali per un’Italia green. Alessia Ardesi, responsabile dei rapporti istituzionali del Programma alimentare mondiale dell’Onu ha fornito un quadro della fame nel mondo, il segno più evidente della mancanza di giustizia sociale. Non sono potute intervenire, a causa del coronavirus, Elisabetta Guidobaldi, giornalista capo servizio ANSA e Christiana Ruggeri giornalista del Tg2RAI, che hanno mandato messaggi circa i giovani e l’impegno politico sui temi ambientali.
Il seminario è stato arricchito da un articolato e vivace dibattito.
Se una convinzione è emersa dall’incontro è che per ridare serenuità allo sguardo sul futuro è indispensabile un cammino comune della giustizia sociale e della giustizia ambientale, il postula un’azione politica e un impegno oltre i limiti dei tempi e delle decisioni solo contingenti, diventati una pericolosa abitudine.

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.